domenica 3 aprile 2011

Papa Benedetto XVI incoraggia tutti nell’ultimo libro: “Gesù di Nazaret”, vol.2, Libreria Ed.Vaticana, 2011

“…dare testimonianza alla verità significa: partendo da Dio, dalla ragione creatrice, rendere la creazione decifrabile e la sua verità accessibile in modo tale che essa possa costituire la misura e il criterio orientativo nel mondo dell’uomo – che ai grandi e ai potenti si faccia incontro il potere della verità, il diritto comune, il diritto della verità….la non-redenzione del mondo consiste, appunto, nella non decifrabilità della creazione, della non-riconoscibilità della verità, una situazione che può condurre inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa si che il potere dei forti diventi il dio di questo mondo.” (pag.217)

“…a Gesù non può essere tolta la sua intima dignità. Resta presente in lui il Dio nascosto. Anche l’uomo percosso e umiliato rimane immagine di Dio. Da quando Gesù si è lasciato percuotere, proprio i feriti e i percossi sono immagine del Dio che ha voluto soffrire per noi. Così nel mezzo della sua passione, Gesù è immagine di speranza: Dio sta dalla parte dei sofferenti.” (pag.224)

“La pace si fonda sulla giustizia. La forza di Roma era il suo sistema giuridico, sul quale gli uomini potevano contare. Pilato – lo ripetiamo – conosceva la verità di cui si trattava in questo caso e sapeva quindi che cosa la giustizia richiedeva da lui.  Ma alla fine vinse in lui l’interpretazione pragmatica del diritto: più importante della verità del caso è la forza pacificante del diritto, questo fu forse il suo pensiero e così si giustificò davanti a se stesso. Un’assoluzione dell’innocente poteva recare danno non solo a lui personalmente  - il timore fu per questo fu certamente un motivo determinante per il suo agire - , ma poteva anche provocare ulteriori dispiaceri e disordini che, proprio nei giorni della Pasqua, erano da evitare.” (pag.225)

“Sempre di nuovo ci troviamo nell’abissale oggi della sofferenza. Sempre, però, anche la risurrezione e l’appagamento dei poveri avvengono già <<oggi>>. In una tale prospettiva non viene cancellato niente dell’orrore della passione di Gesù. Al contrario: aumenta, perché non è soltanto individuale, ma porta realmente in sé la tribolazione di tutti noi. Ma al tempo stesso la sofferenza di Gesù è una passione messianica – un soffrire in comunione con noi, per noi; un essere-con che deriva dall’amore e così già porta in sé la redenzione, la vittoria dell’amore.” (pag.241)

“Come già sotto la croce – a prescindere da Giovanni – si erano ritrovate soltanto donne, così era a loro destinato anche il primo incontro con il Risorto. La Chiesa, nella sua struttura giuridica, è fondata su Pietro e gli Undici, ma nella forma concreta della vita ecclesiale sono sempre di nuovo le donne ad aprire la porta al signore, ad accompagnarlo fin sotto la croce e a poterlo così incontrare anche quale Risorto.” (pag.292)

“….il corpo trasformato di Cristo è anche il luogo in cui gli uomini entrano in comunione con Dio e tra loro e così possono vivere definitivamente nella pienezza della vita indistruttibile…..È essenziale il fatto che con la risurrezione di Gesù non è stato rivitalizzato un qualsiasi singolo morto in un qualche momento, ma nella risurrezione è avvenuto un salto ontologico che tocca l’essere come tale, è stata inaugurata una dimensione che ci interessa tutti e che ha creato per tutti noi un nuovo ambito della vita, dell’essere con Dio.” (pag.304)

“È proprio del mistero di Dio agire in modo sommesso. Solo pian piano egli costruisce nella grande storia dell’umanità la sua storia. Diventa uomo ma in modo da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore e, come Risorto, vuole arrivare all’umanità soltanto attraverso la fede dei suoi  ai quali si manifesta. Di continuo Egli bussa sommessamente alle porte dei nostri cuori e, se gli apriamo, lentamente ci rende capaci di <<vedere>>.” (pag.306)

“Se ci inoltriamo nell’essenza della nostra esistenza cristiana, allora tocchiamo il Risorto. Lì siamo pienamente noi stessi. Il toccare scritto e il salire sono intrinsecamente collegati. E ricordiamoci che, secondo Giovanni, il luogo dell’ <<elevazione>> di Cristo è la sua croce e che la nostra <<ascensione>> che è sempre nuovamente necessaria, il nostro salire per toccarlo, deve essere un camminare insieme con il Crocifisso.” (pag.317)

“Per il <<tempo intermedio>> ai cristiani è richiesta, come atteggiamento di fondo, la vigilanza. Questa vigilanza significa, da una parte, che l’uomo non  si rinchiuda nel momento presente dandosi alle cose tangibili, ma alzi lo sguardo al di là del momentaneo e della sua urgenza. Ciò che conta è tenera libera la visone su Dio, per ricevere da Lui il criterio e la capacità di agire in modo giusto. Vigilanza significa soprattutto apertura al bene, alla verità, a Dio, in mezzo a un mondo spesso inspiegabile e in mezzo al potere del male. Significa che l’uomo cerchi con  tutte le sue forze e con grande sobrietà di fare la cosa giusta, non vivendo secondo i propri desideri, ma secondo l’orientamento della fede.” (pag.319)

“Gesù parte benedicendo. Benedicendo se ne va e nella benedizione Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo. Le mani benedicenti di Cristo sono come un  tetto che ci protegge. Ma sono al contempo un gesto di apertura che squarcia il mondo affinché il cielo penetri in esso e possa diventarvi una presenza…….Nella fede sappiamo che Gesù, benedicendo, tiene le sue mani stese su di noi. È questa la ragione permanente della gioia cristiana.” (pag.324)