I RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO (estratti)
Introduzione
La preghiera di Gesù fu introdotta in Russia nel XIV secolo da alcuni esicasti venuti da Bisanzio. Tra questi era Cipriano, metropolita di Kiev tra il 1390 e il 1406, il quale era stato iniziato alla pratica esicastica in Bulgaria, presso dei discepoli di Gregorio il Sinaita. Fautore di un rinnovamento della spiritualità monastica e predicatore di povertà, Cipriano trovò seguaci in particolare nei monasteri del Nord.
Anche San Sergio (1314-1392), principale fondatore del monachesimo russo, conosceva la preghiera di Gesù. Dalla laura della Trinità, da lui fondata, i monaci andavano in pellegrinaggio sul monte Athos. Uno di questi pellegrini fu Nil Majkov (1433-1508), più noto come Nilo Sorskij. Sull'Athos, questi subì profondamente l'influenza della spiritualità greca. Al suo ritorno fondò, nei pressi del lago Bianco, una scete costruita a modello di quelle del Monte Santo. « Le sacre scritture gli scritti patristici ci esortano a praticare l'hesychza' con uno o due fratelli, e proprio questo del resto noi stessi abbiamo visto sul Santo Monte dell'Athos e nella regione della Città Regina [Costantinopoli]...». La regola, che si ispirava a Giovanni Climaco, Simeone il Nuovo Teologo e Gregorio il Sinaita, era orientata verso l'apprendimento della perfetta libertà, sciolta da preoccupazioni terrestri.
Mentre una corrente monastica, guidata da Giuseppe di Volokolamsk, asseriva che la comunità dei monaci era tenuta ad essere ricca abbastanza da poter svolgere la propria attività caritativa di assistenza sociale e di beneficenza, Nilo propugnava la povertà evangelica nella globalità delle sue forme. Più attento all'edificazione del regno celeste, egli predicava: « La carità del monaco sta nell'aiutare il proprio fratello con le parole, quando questi ne abbia necessità, e nel consolarlo col ragionamento spirituale nel momento di dolore».
Con Nilo la preghiera di Gesù viene ad occupare una posizione importante nell'esicasmo, derivato da quello bizantino del XIII e XIV secolo. Fondandosi sull'autorità di Gregorio il Sinaita, egli suggerisce l'uso di formule diverse le quali, a seconda del grado di maturità del fedele, sarebbero venute in suo aiuto nel cammino verso l'hesychia. « E' opportuno cercare il silenzio dello spirito [...] concentrarsi costantemente sulle profondità del cuore e dire:"Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me". Talvolta si dirà solamente: "Signore Gesù Cristo, abbi pietà di me". Poi di nuovo si cambierà: "Figlio di Dio, abbi pietà di me"; quest'ultima formula è, secondo Gregorio il Sinaita, più facile per i principianti...
La Chiesa russa non seguì i precetti di Nilo. Nel 1453, dato che gli ottomani si erano impadroniti di Costantinopoli, Mosca si considerò la depositaria spirituale di Bisanzio. Si assistette al sorgere della « Terza Roma»...
Nonostante tali avvenimenti, la tradizione esicastica russa non si interruppe. Ricerca della solitudine e accettazione della povertà vengono professate da alcune fondazioni monastiche, come quelle delle isole Solovetsckije nel mar Bianco, non lontano dal circolo polare. L'eremita Eleazaro vi fondò nel 1616 la scete della Trinità, e là visse m uno stato di totale privazione.
Nel XVII secolo la Chiesa attraversò una fase di disordini e divisioni. Per porre rimedio alle deviazioni del clero e alle superstizioni che andavano diffondendosi all'interno del culto popolare, il patriarca Nikon impose una serie di riforme che sfociarono in uno scisma: il Raskol (metà del XVII secolo). I « vecchi credenti», conservatori, rifiutarono ciò che costituiva per loro - non a torto - una grave offesa alla tradizione, il rinnovamento liturgico in particolar modo, e si opposero all'autorità del patriarca.
Anche Pietro il Grande (1672-1725) e Caterina lI (1729-1796), che subivano entrambi l'influenza europea, vollero imporre delle riforme alla Chiesa. La loro azione fu particolarmente nefasta, soprattutto per il monachesimo.
Paisij Vejickovskij, Nicodemo l'Aghiorita e la « Filocalia »
Il rinnovamento monastico, e spirituale in genere, giunse dalla Romania per opera di alcuni monaci di tradizione esicastica. I principati di Moldavia e Valacchia avevano conosciuto uno sviluppo monastico in senso esicastico a partire dal XV secolo. L'esicasmo romeno raggiunse il suo culmine nel XVIII secolo con Io staree Basilio di Poiana Màrului (1692-1767), il quale ebbe come principale discepolo Paisij.
Paisij (1722-1794), monaco originario dell'Ucraina, dal momento che non gli era possibile istituire una sede monastica in Russia, si reco' sul monte Athos, dove fondò una scete dedicata al profeta Elia. In seguitò andò in Moldavia e divenne superiore della laura di Njamec. La figura di Faisij contribuì all'intensificarsi della vita spirituale e al moltiplicarsi di nuove traduzioni e trascrizioni di scritti spirituali in lingua romena e in slavo-ecclesiastico. A Njamec, Paisij intraprese la traduzione, appunto in slavo-ecclesiastico, della Filocalia di Nicodemo, monaco dell'Athos, dandole il nome diDobrotoljubie.
Dopo la caduta di Costantinopoli, il monte Athos rimase il principale centro della spiritualità ortodossa. I monasteri costituirono, grazie alle loro biblioteche, dei centri di studi patristici. Nel monastero di Dionysfu, il monaco erudito Nicodemo l'Agiorita (1748-1809) svolse un ruolo fondamentale nella storia dell'esicasmo. Nel 1782, aiutato dal metropolita di Corinto Macario (1731-1805), Nicodemo pubblicò a Venezia una raccolta di testi patristici sulla pura preghiera, intitolata Filocalia dei santi neptici. In greco, philokalia significa amore del bello. La raccolta costituisce un'antologia della preghiera esicastica, un manuale didattico fondato sull'autorità degli antichi maestri. Nicodemo e Macario intendevano rammentare ai monaci la tradizione di preghiera resa veneranda da più d'una generazione di contemplativi. Quest'opera rendeva accessibile una tradizione sino allora riservata a un ristretto numero di persone tese a conseguire una realizzazione interiore.
Fu peraltro in Russia che Dobrotoljuhie esercitò un'influenza fondamentale. Nel 1877-1889 Teofano il Recluso si preoccupò a sua volta di pubblicare una monumentale versione russa della Filocalia.
Nicodemo redasse altri testi, tra i quali si ricorderà il Manuale di raccomandazioni sulla custodia dei cinque sensi, dell'immaginazione, dello spirito e del cuore. Scritta al principio del XIX secolo, l'opera denota interesse per lo spirito scientifico: delle rappresentazioni anatomiche del cuore umano fanno da illustrazione ai passi dedicati a tale sede di preghiera. Leggendo gli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola (1491-1556), a Nicodemo parve di riconoscervi delle allusioni alla preghiera continua, e in ragione di ciò egli redasse una versione greca del celebre testo
I « Racconti di un pellegrino russo »
I Racconti di un pellegrino costituiscono il testo che ha permesso a un vasto pubblico di conoscere la preghiera di Gesù. Apparsa per la prima volta nel 1870, ripubblicata a Kazan' nel 1884, quest'opera anonima ha origini oscure. Forse fu copiata dal padre Paisij (1883), superiore del monastero di San Michele dei Ceremissi a Kazan', da un manoscritto posseduto da un monaco russo dell'Athos. Secondo altre fonti, verso il 1860 il manoscritto si sarebbe trovato tra le mani di una monaca diretta dallo starec Ambrogio, del famoso eremo di Optina Pustyn'. Tra le carte dello starec sono stati trovati altri treRacconti, pubblicati in Russia nel 1911. Questi tre ultimi Racconti si distinguono da quelli della prima raccolta per il carattere maggiormente didattico. Essi offrono ai lettori alcuni elementi indispensabili non necessariamente per imitare, ma per seguire il pellegrino nella sua ricerca del cuore. Nella finzione, l'autore è un contadino che si reca a Optina per ricevere l'insegnamento dello starec Macario, predecessore di Ambrogio. L'origine contadina dell'opera, la cui stesura corrisponde alla sua intenzione di fondo in modo così perfetto, è poco probabile.
I Racconti narrano che il pellegrino, all'età di trent'anni (l'età di Cristo...), avendo perduto tutto, entra una domenica in una chiesa dove ode questa frase di san Paolo: « pregate incessantemente ». L'esortazione lo induce a mettersi in cammino, e sarà d'ora in avanti il suo viatico. Il pellegrino cerca l'uomo che saprà spiegargliene il significato ed insegnargliene la pratica.
Il «vagabondaggio mistico » narrato dal testo non costituisce un'eccezione. Un piccolo gruppo di persone scelse il nomadismo spirituale per proprio piacere e in una prospettiva ascetica, dato che l'attaccamento a una sede poteva frenare l'aspirazione alla rinunzia totale. Il lettore che accompagna il pellegrino nelle sue avventure e prove - aggressioni di briganti, di un lupo, etc. - è in grado di scoprire la pedagogia che fa anche di lui un cercatore della preghiera di Gesù. Durante il viaggio, egli ha modo di conoscere la Russia della seconda metà del XIX secolo e di fare la conoscenza di figure degne di un romanzo russo come Le anime morte di Nikolaj Gogol. «Non potendo avere un domicilio fisso, decisi di andare verso la Siberia, fino alla tomba di sant'Innocenzo d'Irkutsk. Ero convinto che nei boschi e nelle steppe della Siberia avrei trovato una solitudine e un silenzio perfetti, così da potermi dedicare all'orazione e alla lettura con maggiore profitto».
Il pellegrino finisce con l'incontrare uno starec che, sottoponendolo a una dura ascesi, gli insegna alcuni rudimenti della preghiera di Gesù. Poco prima di morire, il padre spirituale lascia al discepolo un esemplare della Filocalia. Il libro diventa, unitamente alla Bibbia, una riserva di nutrimento spirituale e un sostegno morale del viaggiatore, che d'ora in poi sa verso quale meta volgersi. La luce d'Oriente, sebbene invisibile, fa da guida al suo errare. Al «vegliare e pregare » corrisponde il « marciare e pregare » del pellegrino il quale, sempre più amante della solitudine e del silenzio, accetta con umiltà di aiutare tutti coloro che sentono in lui l'energia di un essere proiettato verso il cielo, di un'icona dell'« uomo del desiderio». Un passo molto notevole chiarisce come la grazia empia il cuore del pellegrino e gli consenta di vedere il mondo con occhi nuovi. La fatica del cammino e il tormento della fame scompaiono grazie all'invocazione del nome di Gesù, che finisce coll'essere tutt'uno con la respirazione. « Se qualcuno mi offende, non ho che da ricordare la dolcezza della Preghiera di Gesù: umiliazione e collera scompaiono, dimentico tutto. Non ho preoccupazioni, non interessi. Alle cure del mondo non concederei uno sguardo. [...] Dio sa che cosa mi sta succedendo! » Abbandonatosi a Dio, egli s'incammina verso la propria liberazione. Poco dopo il pellegrino avverte nel cuore un piacevole senso di calore e, perché non si tratti di illusione psichica, verifica se tale effetto della continua preghiera sia stato constatato nella Filocalia. Lungo i sentieri di campagna egli scopre in sé uno sguardo nuovo, più penetrante e attento alle cose: «Gli alberi, l'erba, gli uccelli, la terra, l'aria, la luce, tutto sembrava dirmi che ogni cosa esiste per l'uomo, testimonia l'amore di Dio per lui, e tutte le cose pregavano e cantavano Dio e la sua gloria. Così compresi quello che la Filocalia chiama "la conoscenza del linguaggio di tutte le creature'' ». Nel suo vagabondaggio di preghiera, il pellegrino gioisce dell'unione della propria preghiera con quella del cosmo. Continua è la liturgia cosmica, e lentamente essa si disvela, scompare la cispa che ingrombra l'occhio del cuore, l'alba eterna diventa una realtà... Lo starec Zosima, descritto da Dostoevskij ne I fratelli Karamazov, non dice nulla di più: «...il Verbo è per tutti, per ogni creazione e ogni creatura, poiché ad esso si protende ogni piccola foglia...».
Grazie ai Racconti, la tradizione segreta e monastica della preghiera di Gesù diviene ormai possesso di tutti coloro la cui anima invoca l'Amico.
Gli « starcy»
Il termine russo starec indica in senso etimologico l'anziano e, per estensione, il padre spirituale. Nel deserto d'Egitto l'anziano era un uomo di esperienza. Passato attraverso il deserto della privazione, corroso dal calore e dal vento delle prove, l'abate era un uomo arso d'amore. Ciò non escludeva certo il rigore! La paternità spirituale rappresenta un carisma che si manifesta in modi diversi. Pneumatoforo (« colui che porta lo spirito», quindi « ispirato»), il padre spirituale può regalare una parola di vita a chi gliela richieda. Parola giusta, che corrisponde esattamente alla necessità di colui che la invoca pronto a riceverne il fuoco o la freschezza.
La parola commuove,mette in cammino o scuote il viaggiatore e conduce ad uno sconvolgimento interiore: la metànoia. Da dove gli viene l'appello, là egli deve cercare. L'abate, capace di vedere distintamente secondo lo spirito, si trasforma in nocchiero e guida del suo discepolo chiamato a volgere le spalle all'Occidente per incamminarsi verso il suo Oriente. L'anziano costituisce un modello, la vista del quale può talvolta insegnare più delle parole. Un apoftegma riporta che un monaco rimase in silenzio di fronte ad Antonio. Da questi interrogato, rispose: «Mi basta una sola cosa, padre: vederti». La comunicazione silenziosa, da cuore a cuore, costituisce un mistero o più propriamente, secondo Isacco il Siro (VII secolo), una partecipazione ai misteri del secolo futuro.
La tradizione dei padri spirituali si è perpetuata di secolo in secolo, rappresentata da uomini straordinari, sino alla Russia del secolo XIX. Grazie a Paisij Veliékovskij questo paese ha conosciuto un vero e proprio rinascimento spirituale, del quale gli starcy rappresentano le figure più notevoli. Tra i grandi centri monastici ove essi si distinsero, particolare menzione merita il monastero di Optina Pustyn', nella Russia centrale. I padri di Optina, considerati santi, erano oggetto di una venerazione che coinvolgeva tutti gli strati della popolazione. Grandi scrittori non mancarono di far visita a degli starcy: Gogol, Dostoevskij, Solov'év, Tolstoj...
Monaci-profeti, gli starcy erano in grado di prevedere il destino degli uomini e la volontà di Dio a loro riguardo. Ma nello stesso tempo essi potevano fornire consigli ai contadini sul modo di nutrire i loro tacchini... Una grande reputazione aveva lo starec Leonida, medico delle anime. Il suo successo gli procurò la gelosia di alcuni monaci e le rimostranze del vescovo. Come poteva egli dirsi un eremita se la folla scalpitava dietro la sua porta?
A suscitare un particolare interesse tra i letterati fu lo starec Ambrogio. Questi ispirò a Dostoevskij il personaggio di Zosima nei Fratelli Karamazov.Aveva in dono il discernimento degli spiriti e consolava gli afflitti non senza far uso talvolta di una maliziosa tenerezza.
La personalità più celebre tra i santi starcy fu quella di Serafino di Sarov (1759-1835). Per dieci anni egli visse da solo in una foresta, seguendo la regola di san Pacomio. Gli animali, suoi soli compagni, venivano a mangiargli nella mano. Nel 1804 venne assalito da alcuni briganti e di ciò la sua salute risentì gravemente. Egli rifiutò di testimoniare al processo. Dopo la guarigione, condusse una vita di severa ascesi: rimase per mille giorni inginocchiato in preghiera su una roccia, isolato e senza alcun genere di comodità. Pregava davanti ad un'icona della Vergine della tenerezza e recitava incessantemente la preghiera di Gesù. Nel 1825 accettò il ministero di «anziano» e ricevette pellegrini chiamandoli « Mia gioia». Il suo insegnamento era incentrato sull'acquisizione dello Spirito Santo. Tra le molte testimonianze che lo riguardano, la più famosa è quella contenuta nelle Conversazioni con Motovilov. Motovilov, venuto per interrogare lo starec, beneficiò di una grazia straordinaria: la visione della luce increata. «Il volto dell'uomo che vi parla immaginatelo nel mezzo del sole, nello scintillio dei raggi accecanti del mezzogiorno. Voi vedete il movimento delle sue labbra, l'espressione mutevole dei suoi occhi, voi udite la sua voce, sentite le sue mani poggiate sulle vostre spalle, ma non vedete né le mani né il corpo del vostro interlocutore; null'altro se non la luce splendente che si propaga in lontananza [...] illuminando col suo bagliore la pianura ricoperta di neve...». Con san Serafino, uomo di luce e messaggero della gioia futura, appare la mistica della « Luce divina» così come era stata conosciuta e sperimentata da Simeone il Nuovo Teologo e da Gregorio Palamas.
(tratto da H-P. RINCKEL, La preghiera del cuore, ed. Paoline).
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